Nell’infinito
dell’Amore, la più penosa delle prigioni, si dibatte uno spirito stanco e
insonne, uno spirito libero tra cupe sbarre, allineate lungo le tenebre di
un corridoio che ospita angosciosi lamenti…
Udito trafitto, mente intossicata ma lucida… Vigile.
E quelle parole, intrepide discendenti di una forza invisibile, misurate e
versate con solerzia nel fiume dell’impenitente noncuranza, lasciano il
posto a sospiri strozzati… Lacrime interrotte… Pensieri incompiuti.
Laboriose mani incatenate.
Insopportabile, quel nessuno che non può accorgersi di uno sdegno
Incastrato
tra le macerie di una rassegnata tolleranza che non intravede il suo limite.
Non c’è modo di abbattere la diga e liberare acque che inonderebbero il
percorso tracciato dinanzi a quei nudi piedi, devastando quei giorni
infranti da rinnovare,
Soffocando, con la loro indocile violenza, ogni pensiero e movimento…
Ad un attimo ne seguo un altro… E uno nuovo… E un altro ancora…
Lente sono le ore a trascorrere, ma il tempo del dolore non s’afferra,
impossibile ad arrestare il suo implacabile corso.
Dov’è lo scudo? Dove la spada?
Forse, il mio cuore è già devastato: da quello stesso amore che più non
riesce a contenere.