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I GIARDINI DI MINAS TIRITH - II

By Elhorie




 


La paura, le perdite subite, il dolore…segnano ancora terribilmente il volto di chiunque cammini lungo queste splendide aiuole, di questi tempi.

E’ difficile abituarsi a intravedere i primi spiragli di pace, quando per così tanto tempo c’è stata solo guerra. E’ la sensazione che mi ha descritto Galadriel, parlando delle battaglie che ha combattuto, che ha visto combattere…e del vuoto che ha provato subito dopo. La speranza che sia stata la volta buona, la delusione quando ci si rende conto che il male non muore mai del tutto.

Eppure, Sauron è stato realmente sconfitto, questo è possibile vederlo nel paesaggio…ma non ancora nei volti di questa gente.

Il male che il Signore degli Anelli ha portato nelle nostre vite non lo si potrà cancellare. Non si potranno restituire alle madri i loro figli, non si potranno ricostruire le città e le strade se non con il sudore e la fatica.

Non si può ignorare la paura che aspetta al varco tutta la gente di Gondor: e se anche questo regnante, dopo anni di ispirato governo, cedesse a sua volta alle lusinghe del Male?

Potrebbe succedere, alcuni di noi lo temono ancora, nel profondo.

Ma siamo al tempo stesso molto più desiderosi di sperare, ora che abbiamo sbattuto la faccia contro un nostro grave errore: credere che gli uomini, i Numenoreani, si fossero persi.

Non era così, è stato proprio uno di loro a dimostrarcelo con il suo modo di essere, tormentato tanto quanto eretto, infine vittorioso. Non sono qui soltanto per sposare quest’uomo, non sono qui soltanto perché ho visto il nostro futuro insieme.

Sono qui soprattutto perché lo stimo, e il grave errore che stavo per commettere pesa sulla mia coscienza come un macigno, come se avessi realmente proseguito quel viaggio, come se fossi davvero partita per i Porti Grigi.

La comitiva di cui sono parte questa volta è ben differente da quella che si dirigeva allora alle Bianche Torri, e che proseguì senza di me: questa volta la gioia ha dominato i nostri cuori, i canti non sono stati solo tristi addii.

Così, ora che ci troviamo nei Giardini che conobbi nella mia visione, dobbiamo apparire ancora di più esseri armoniosi e celestiali. Mentre siamo noi elfi che, da un popolo come questo, avremmo solo da imparare.

“ Volevo essere il primo a ricevervi…” dichiara una voce ben nota, distogliendomi dalla corrente di pensieri e di ricordi.

Mi chiedo da quanto tempo ci avesse affiancati il portatore di quella voce, senza che io me ne rendessi conto.

“ Cominci subito con il voler rubare l’attenzione al nuovo sovrano, Olòrin? ” gli domanda mio padre ridendo, mentre scende da cavallo.

“ Vedo che mi conosci bene. ” L’Istaro allunga le sue braccia, invitandomi a scendere.

Mi sorride, e io verifico di persona quello che Galadriel mi aveva detto, durante il

mio ultimo, brevissimo soggiorno a Lothlorien: superata la prova con il Balrog, quello che era tornato sulla Terra di Mezzo non era Gandalf il grigio pellegrino, ma Gandalf il Bianco. Più forte, in un certo qual modo più giovane.

Tuttavia, il suo sorriso è sempre caldo e avvolgente: “ In realtà, Signore di

Granburrone, intendevo rubargli soprattutto la prima immagine della Stella del Vespro. ”

Strizza l’occhio, e riesce a far ridere di gusto mio padre, dopo tanto tempo.

“ Mae-govannen. ” si rivolge a me direttamente.

Ricambio il saluto e ci incamminiamo.

“ Ho molti messaggi da riferire ” dico a Gandalf, mentre ci addentriamo nelle vie della città, dove si affacciano donne e bambini vinti dalla curiosità. “ …da parte di Bilbo. ”

“ Come sta il nostro vecchio amico? ”

“ Sempre più vecchio. ” sorride mio padre Elrond.

“ E smemorato ” aggiungo io, “ Mi avrà ripetuto una ventina di volte ciò che avrei dovuto dire a Frodo e ad Aragorn. ”

“ Bene, allora vi porto subito da loro, così ti leverai il peso della responsabilità. ”

“ Mithrandir! ” grida la voce di un bambino, interrompendoci.

Il bambino corre verso di noi, una sacca di lana rossa che rimbalza sulle gambe in movimento. Resta come pietrificato, a bocca aperta, quando vede la nostra comitiva e lo stendardo di Gondor che essa ha l’onore di portare. “ Scu…scusate! ”

“ Bergil, è successo qualcosa di grave? ” chiede Gandalf, accarezzandogli la chioma arruffata.

“ No, anzi, signore. La donna che stavi curando sta molto meglio, mio padre e il signor Peregrino mi hanno mandato a dirtelo. ”

“ Peregrino? Il signor Peregrino Tuc? ” domando, sorridendo nel pensare al piccolo, grande membro della Compagnia dell’Anello.

Il ragazzino sposta gli occhi su di me. “ Sì, proprio lui. Piacere di vederla, mia signora. ” E’ divenuto rosso come la sacca che si porta appresso.

“ Il piacere è tutto mio, nobile signore. Vorresti accompagnarmi a incontrare i quattro hobbit? Ho dei messaggi da riferire loro. ”

“ Dovere, mia Signora. ”

“ Difendila a costo della tua stessa vita, Bergil. Sai chi è? ”

Getto un’occhiata a Gandalf, pregandolo di non andare oltre. Lui si zittisce, e il mio prode accompagnatore sembra non volerlo sapere più di tanto.

“ Certo, Mithrandir, lo farò! ” gli risponde.

Voltiamo le spalle allo stregone e al resto della comitiva, e Bergil mi guida sotto le arcate di pietra. Ci mischiamo ai venditori di frutta e verdura, alle donne che portano ampi cesti di biancheria, alle corse di bambini molto più piccoli di lui.

Camminiamo per una buona decina di minuti, durante i quali Bergil soddisfa alla perfezione ogni mia curiosità. Mi dice con orgoglio che suo padre è stato affrancato dalla colpa di aver disobbedito agli ordini del vecchio Sovrintendente, che Sire Aragorn ha saputo vedere il suo buon cuore e la sua fedeltà al capitano Faramir, che stava per essere arso vivo.

Queste cose le so già, in realtà quello di pochi minuti fa non è stato il primo incontro con Gandalf, dopo la distruzione dell’Anello. Lo stregone si è recato da noi cavalcando il vento con il suo Ombromanto, per avvertirci che Minas-Tirith aveva il

suo re, di nuovo. Sono molte le cose che so già, ma è piacevole sentire narrare dalla

voce argentina di questo ragazzo.

“ Siamo arrivati, dolce Signora. Sono tutti qui. ”

“ Grazie, Bergil. ” lo saluto, mentre se ne va con il sorriso sulle labbra.

E’ vero, sento molte voci divertite oltre la porta. Sento risate e battute. So che in qualche modo sarò responsabile di una piccola rottura, nel momento in cui mi farò riconoscere.

Certo non mi aspetto quello che invece accade, quando quella voce rude, quasi cavernosa, mi raggiunge alle spalle. “ Voi elfi siete davvero tutti curiosi, molto curiosi. ”

“ Ehm, amico…questa non è un’elfa come tutte le altre…” s’affretta a specificare un’altra voce.

Ritraggo la mano dalla maniglia e mi volto. Legolas mi sorride, poi alza al soffitto gli occhi chiari: “ Devo ancora imparare i tempi giusti per frenarlo, prima che dica cose di cui sicuramente si pentirà…”

“ So gestire perfettamente la mia voce, grazie. ”

“ Non si direbbe proprio. ”

Mi porto un dito alle labbra, sperando che la loro discussione non richiami fuori gli altri della compagnia. Troppo tardi, la porta si apre alle mie spalle, e una mano forte mi tira dentro alla stanza.

E’ davvero Aragorn, l’uomo che sta di fronte a me?

 

Continua…